mercoledì 15 ottobre 2025

I processi alle streghe di Cassano d'Adda. Parte seconda

I Processi alle streghe di Cassano d’Adda
Frammenti di tradizione stregonica nel secondo processo


Dallo studio dello storico Tullio Bazzi, che riporta alcune parti del processo alle streghe svoltosi nel Castello Visconteo di Cassano d’Adda nel 1520, vorrei trarre alcuni dettagli interessanti per lo studio sulla stregoneria storica e sulla tradizione magica del territorio.
Innanzitutto scopriamo i luoghi in cui le presunte streghe si incontravano. Uno in particolare era il bosco Tuneda, come riportato nel primo processo da Cossina detta Formiga, che disse “di aver visto la succitata Steffanina in un luogo chiamato Tuneda ai confini di Groppello, Inzago e Cassano dove prendevano cibo da ciliegie e insalata come facevano i demoni.” Inoltre, “oltre il fiume Adda danzavano smodatamente assieme ai demoni”. (1)
Quando le venne chiesto se le streghe usassero fare questo genere di cose di giorno o di notte, lei rispose “di notte”.
All’epoca dei fatti, e ancora per diverso tempo dopo, il bosco Tuneda era ampio e rigoglioso e si estendeva in forma di triangolo tra Inzago, Cassano e Groppello. Oggi non c’è più, a parte qualche raro arbusto a ricordarlo, sostituito da sconfinati campi coltivati.
Quando si radunavano, a detta delle altre accusate, le donne che di notte andavano allo strigozio – il raduno delle streghe – pestavano la croce con i piedi o mettendola sotto il sedere, strangolavano bambini succhiando il sangue che usciva loro dalle narici, rinnegavano Dio e compivano molte altre fantasiose diavolerie – del tutto simili a quelle che emergevano strategicamente in diversi processi coevi.
Di grande interesse sono tuttavia tre particolari che potrebbero rientrare nella tradizione stregonica dell’epoca. Il primo riguarda l’utilizzo di un ago con il quale era stato cucito l’abito funebre di un morto, dunque un ago da morto.
Come emerge dal processo: “la suddetta Steffanina proveniente da Ferrara al tempo dell’avvenuta morte del signor Giovanni da Lecco, padre di quelle, (…) da quelle subito si diresse affinché volessero dargli un ago o gugia per mezzo del quale legare e cucire i vestiti del signor Giovanni che gli erano messi e cuciti dopo la sua morte. E che cosa mai avesse voluto fare della stessa gugia la stessa Steffanina rispose loro che voleva rendere noto il luogo dove il signore Anselmo da Groppello… non giocasse a carte come allora faceva e dal qual gioco si procurava una grandissima spesa.” (2)
In merito a questo particolare il Bazzi ricorda che la superstizione dell’ago nelle sue relazioni con i morti e con i vivi si riscontra storicamente in varie forme e applicazioni. In questo caso la Steffanina avrebbe utilizzato un ago da morto per determinare un luogo preciso.

Il secondo particolare invece riguarda due formule di legamento e un rituale che Caterina la Loda suggerì di praticare a Marta de’ Feno, adultera, per far tornare a casa il marito Bartolomeo. Fu Marta stessa a riportarlo a processo.
(…) la stessa donna [Caterina la Loda] disse a quella testimone [Marta de’ Feno] che voleva insegnarle alcune parole in virtù delle quali il già citato suo marito ritornerebbe alla stessa testimone (…): “Bartholome ne te vedo ne te lasso del mio amore de ogni via dove tu ve te tegni uno passo del mio amore tu sia stretto e ligato come fu noster Jesu Christo che in su la Croce fu ligato che non possi ne mangiar ne dormir ne possar ne in altro amor chel mio pensar ne altra donna usar finché non sia compida la mia volontà in nome del gran diavolo.
(Bartolomeo non ti vedo ma il mio amore ti segue in ogni luogo dove tu vada, al mio amore tu sei stretto e legato come il nostro Gesù Cristo sulla Croce fu legato, che tu non possa mangiare, né dormire né cedere ad altro amore che il mio, e nemmeno pensare a un’altra donna o usarla finché non si sia compiuta la mia volontà in nome del gran diavolo.)
Nella confessione di Caterina la Loda la formula ha una piccola variazione – “[Jesu Christo] chel fu ingiodat chel no possi ne anda ne sta ne foter ne bolgira” ([Gesù Critsto] che fu inchiodato sulla croce che egli non possa andare, né restare, né fottere, né viziare) – e la donna ne riferisce anche una seconda più dettagliata:
Da lonzo te vedo [nome della persona da legare] da presso che te remiro, el sangue che tu mangi el cor che tu bevi et si te prego che tu me ami più mi che persona che viva quando tu me vedi che me possi amar quando che non me vedi che possi desiderar che possi ne bever ne mangia ne dormi ne possar perfin che tu non sia chi a compir la mia volunta me san zoan Evangelista me bon e luca e abram in nome de la Vergine Maria che me possi amar mi più che alchuna persona.” (Da lontano ti vedo [nome della persona da legare], da vicino ti guardo, il sangue che tu mangi, il cuore che tu bevi, e se ti prego che tu ami me più di qualsiasi persona che vive quando tu mi vedi, che tu possa amarmi nello stesso modo quando non mi vedi, che tu mi possa desiderare tanto che tu non possa bere, né mangiare, né dormire, né riposare finché si compia la mia volontà, e in nome di San Giovanni Evangelista, Luca e Abramo ed in nome della Vergine Maria, che tu mi possa amare più di qualsiasi persona.)
Inoltre, Marta de’ Feno aggiunge che la suddetta Caterina la Loda le “insegnò che avrebbe fatto nella camera di quello un cerchio con un coltello e che accendeva una candela benedetta e quella stessa candela accesa teneva in mano e che nuda entrava nel detto cerchio e dopo aver piegato le ginocchia poste in terra, così curvata invocava il demonio o il diavolo che colà si avvicinava a lei e dopo che era alla sua presenza che la strega allo stesso diavolo diceva ciò che voleva e che dal diavolo la strega otteneva tutto ciò che chiedeva…” (3)

Insieme al sortilegio con l’ago da morto e a quelli di legamento d’amore, il documento processuale contiene una terza pratica magica della tradizione, emersa anche in altri processi simili, quella dell’allume di rocca. A riportarlo agli atti è la cugina di Marta de’ Feno, la quale racconta di come Caterina la Loda avesse fatto questo incantesimo a casa sua, sempre per conto di Marta. Caterina stessa lo confermerà, ammettendo di aver fatto “imposizione dei tre grani di allume a nome della persona detta Martha e in nome del diavolo… perché se avvicinava il grano del marito a quello della moglie allora l’amore era presente tra loro stessi, se in verità i grani predetti messi insieme non si congiungevano l’amore non c’era.” (4)
Interessante nella confessione di Caterina è altresì il fatto che lei avesse appreso quelle arti da una misteriosa donna di Milano:
Io imparai questo a Milano da una donna femina del Rizo che stasava a quello tempo cum el capitanio della Justitia… et la qual femina del Rizo fece quello incanto cum li grani de lume de rocha per veder se uno el qual me voleva tenere a sua posta el qual me tolse a Carevazo in su la strada me voleva ben o no, et così fatto diceta cosa cioè meso li grani sul focolare il grano de dicto mio homo non vene a coniungerse cum quelo meso a mio nome per il che dicta donna me disse che dovesse andar dal capitanio de justitia a far che lui me lasasse. Et cosi anday et havi licentia.” (Imparai questo a Milano da una donna del Rizo che stava a quel tempo con il capitano di Giustizia… e questa femmina del Rizo fece quell’incanto con i grani di allume di rocca per vedere se uno che mi voleva tenere a sua disposizione e che mi aveva tolto a Carevazo dalla strada, mi volesse bene o no, e così fatta questa cosa, mise i grani sul focolare e il grano del mio predetto uomo non si congiunse con quello messo a mio nome, per cui codesta donna mi disse di andare dal capitano di giustizia a far sì che lui mi lasciasse. E così io andai ed ebbe licenza.) (5)

Sempre dal documento si viene a conoscenza di un’ultima dichiarazione interessante. Pare che un certo presbitero di nome Bartolomeo da Cassano, per tre settimane consecutive avesse ospitato in casa propria una donna di nome Jora, già defunta all’epoca del processo, perché gli insegnasse l’arte della stregoneria, ovvero “più e diversi incantesimi, che lui stesso scriveva in un suo libro nel quale aveva anche scritto molte altre cose” (6). Un religioso alquanto singolare e senza dubbio mentalmente aperto, il tale Bartolomeo, che aveva trascritto accuratamente nel suo libro, fra le varie cose, gli incantesimi trasmessi da una – qui possiamo ben dirlo – strega.

Il secondo processo alle streghe di Cassano d’Adda volse dunque al termine, concludendosi con insistenti interrogatori nei quali tuttavia le accusate si mantennero ferme e risolute nella propria discolpa. E se il primo processo condotto dal Vicario della Diocesi di Milano – che, ricordo, non aveva alcuna autorità sul territorio e che per una svista mandò al rogo tre donne, chiedendo poi il compiacente permesso di processarne e probabilmente bruciarne altre – ebbe una fine tragica, il secondo “non conclude a sentenza di sorta.” (7) È dunque lecito pensare, e sperare, che le presunte streghe – che, bisogna ammetterlo, di stregoneria in effetti qualcosa sapevano – siano state rilasciate e abbiano potuto fare ritorno alle loro case.
E chissà che sulle rive nascoste dell’Adda e nel misterioso bosco Tuneda non abbiano continuato a deliziarsi con insalata e ciliegie, e a danzare tutta la notte in compagnia degli spiriti.

***

Note:

1. Cfr. Tullio Bazzi, Da un processo di streghe, in Archivio Storico Lombardo: Giornale della Società Storica Lombarda, Serie 2, Volume 7, Fascicolo 4, 1890, pag. 881. Per la traduzione approssimativa delle citazioni latine contenute nello studio di Tullio Bazzi, è stato utilizzato Gilli Fausto (a cura di), Da un processo di streghe. Commento al processo alle streghe, per Vivi Cassano. Adattamenti a cura di Laura Rimola.
2. Ibidem, pag. 882.
3. Ibidem, pagg. 885-886.
4. Ibidem, pag. 888.
5. Ibidem, pag. 889.
6. Ibidem, pag. 890.
7. Ibidem.

Bibliografia

Bazzi Tullio, Da un processo di streghe, contenuto in Archivio Storico Lombardo: Giornale della Società Storica Lombarda, Serie 2, Volume 7, Fascicolo 4, 1890
Gilli Fausto (a cura di), Da un processo di streghe. Commento al processo alle streghe, in Vivi Cassano
Santarelli Daniele, Weber Domizia (a cura di), Processi alle streghe di Cassano d’Adda (1519-1520), in Ereticopedia

Il video condotto da Giancarlo Mele: Martesana Fantastica, Episodio 1 – Il processo alle streghe

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