I processi alle streghe di Cassano d’Adda
Accenni al primo processo e i roghi di Leonarda, Petrina e Vanina la Zoppa
Il territorio storico lombardo della Martesana si sviluppa attorno al Naviglio Martesana – o Naviglio della Martesana – che nasce dal fiume Adda e si snoda serpentino per una quarantina di chilometri, passando attraverso e accanto diversi paesi come Inzago, Cassano d’Adda, Groppello e Canonica d’Adda. Proprio in questa zona, tra la fine del 1519 e l’inizio del 1520 si scatenò una caccia alle streghe che si sviluppò con l’istituzione di due processi per stregoneria dagli esiti completamente opposti. Del primo processo non è rimasta alcuna documentazione, mentre del secondo – avviato come conseguenza delle accuse scaturite dal primo – il faldone conservato presso la Curia di Cremona venne accuratamente analizzato e commentato dal dott. Tullio Bazzi per l’Archivio Storico Lombardo: Giornale della Società Storica Lombarda alla fine del 1800.
Soltanto grazie ai documenti del secondo processo è stato possibile conoscere l’esistenza e qualche accenno del primo. Ne diede infatti dettagliate informazioni il Notaio Cristiani, che dopo averlo seguito nel ruolo di cancelliere si apprestava a fare da testimone nel secondo.
Dal quel che si conosce, il primo processo avvenne negli ultimi due mesi, dunque fra novembre e dicembre, del 1519 e lo condusse il Reverendo Frate Gioachino Beccaria da Pavia, a quel tempo Inquisitore della eretica pravità nella Diocesi di Milano. Questi processò e tenne prigioniere nei sotterranei del Castello Visconteo di Cassano d’Adda cinque donne che abitavano nei territori circostanti. I loro nomi erano Leonarda da Inzago, Petrina de’ Terreni, Vanina detta la Zoppa di Pontirolo Vecchio – l’attuale Canonica d’Adda – Caterina de’ Cerbalii di Pontirolo Nuovo e Cossina, detta Imola o Formiga, di Groppello.
Le prime due, ovvero Leonarda e Petrina, vennero giudicate colpevoli e messe al rogo sulla riva dell’Adda, proprio davanti al Castello – così che potessero essere viste fiammeggiare da tutto il paese soprastante – mentre la terza, Vanina la Zoppa, giudicata colpevole come le altre, venne bruciata poco tempo dopo nella piazza di Cassano.
Un destino meno tragico lo ebbero Caterina de’ Cerbalii, che venne rilasciata, e Cossina di Groppello. Quest’ultima subì una fustigazione sulle spalle in pubblica chiesa per mezzo di una verga, quindi venne esorcizzata e le venne imposto di indossare una stola bianca con due croci rosse sui lembi. (1)
Di queste donne non si seppe più nulla, ma durante il processo, come di consuetudine e probabilmente sotto tortura, fecero il nome di altre presunte streghe, le quali vennero arrestate e incarcerate. I loro nomi erano Steffanina della Ferrara, Venturina di Palazago e Maria Lovessa detta la Lupa, alle quali si aggiunsero Caterina detta Ferrazza e Caterina detta la Loda.
Da qui ebbe inizio il secondo processo, il cui manoscritto, dettagliatamente descritto dal Bazzi, “occupa 61 pagine di protocollo, e appare strappato da una raccolta: i fogli son numerati dal 160 al 201, gli ultimi 11 in. bianco; l’inchiostro notevolmente ingiallito; alcune abbreviature e sigle indecifrabili.” (2)
Poco prima dell’inizio del processo, tuttavia, si presentò un notevole problema. Ci si rese conto che l’Inquisitore Gioachino Beccaria, appartenente come detto alla Diocesi di Milano, non aveva – né aveva avuto in precedenza – alcuna giurisdizione, e quindi autorità, sulla zona di Cassano d’Adda, poiché questa apparteneva alla Curia di Cremona. La questione venne trattata in Consiglio e si scrisse al Vicario della Diocesi di Cremona “perché si compiacesse accordare la facoltà voluta all’Inquisitore di Milano” (3). La risposta fu negativa. La Curia di Cremona volle occuparsi personalmente della questione e in sostituzione di Frate Gioachino inviò a Cassano il Vicario Generale Rev.mo e Sap.mo doctor decretorum D. Cosma Fabba, che da quel momento “prese tra mani l’ordito e fini di tessere la tela” – a proprio modo. Il 5 gennaio del 1520 riprese l’opera iniziata, svolse gli interrogatori delle donne accusate di stregoneria, durante i quali “la vana insistenza del giudice è solo adeguata dalla fermezza delle accusate che si mantengono, ora umili, ora impronte, nella denegazione”, e in pochi giorni giunse a una conclusione. (4)
Il 18 gennaio il processo si chiuse, e negli atti non vi è traccia di alcuna sentenza. È quindi probabile che tutte le donne vennero – forse – condannate a pene lievi e rilasciate. Come scrive il Bazzi: “Della condanna che, se vi fu, dovette essere assai lieve, non v’è traccia in questi atti.” (5)
Fa riflettere il fatto che ad aver istituito e crudelmente concluso il primo processo sia stato un inquisitore che non aveva alcuna autorità sul territorio, che questi avrebbe voluto continuare la sua opera, con il compiacente benestare della diocesi di competenza, e che se fosse stata sin dall’inizio la Curia di Cremona ad occuparsi della questione, anche le prime imputate sarebbero state trattate diversamente e, forse, risparmiate.
Leonarda, Petrina e Vanina la Zoppa avrebbero potuto evitare il rogo. Il rosseggiare delle loro fiamme non si sarebbe tristemente riflesso sulle acque mosse del fiume Adda.
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Note:
1. Cfr. Tullio Bazzi, Da un processo di streghe, in Archivio Storico Lombardo: Giornale della Società Storica Lombarda, Serie 2, Volume 7, Fascicolo 4, 1890, pag. 880.
2. Ibidem, pag. 879, nota 1.
3. Ibidem, pag. 880.
4. Ibidem, pag. 890.
5. Ibidem, pag. 893.
Bibliografia
Bazzi Tullio, Da un processo di streghe, contenuto in Archivio Storico Lombardo: Giornale della Società Storica Lombarda, Serie 2, Volume 7, Fascicolo 4, 1890
Gilli Fausto (a cura di), Da un processo di streghe. Commento al processo alle streghe, in Vivi Cassano
Santarelli Daniele, Weber Domizia (a cura di), Processi alle streghe di Cassano d’Adda (1519-1520), in Ereticopedia
Il video condotto da Giancarlo Mele: Martesana Fantastica, Episodio 1 – Il processo alle streghe
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