lunedì 19 agosto 2024

La Tessadrella. Una sorella dal passato

La Tessadrella, questo il nome con cui viene ricordata negli atti dei processi alle streghe avvenuti in Val di Fiemme fra il 1505 e il 1506. Il suo ebbe inizio il 27 febbraio 1505.
Margherita, un tempo detta la Loisa, e adesso Tessadrella, poiché vedova di Bartolomeo Tessadrello, è definita “femmina iniqua diabolica striga” oltre che “male conditione et fame” – di bassa condizione sociale e cattiva fama.
Eppure la Tessadrella ha una grande forza dentro di sé, una forza che le permette di mantenere una lucidità e una libertà di pensiero che forse, ad altre come lei, non sono concesse.

La sento vicina, la Tessadrella, più di molte altre. Le sue parole rispecchiano così tanto il mio vissuto – di cui non posso né voglio parlare – che in certi momenti la sua voce e la mia potrebbero parlare all’unisono. Il nostro cuore batte allo stesso ritmo, anche se il suo si è fermato da molto, molto tempo.
Così ne parla Luisa Muraro, nel prezioso libro La Signora del gioco:

“Possiamo pensare che l’ordine della sua esperienza reale sia all’incontrario, e cioè che la sua adesione alla stregheria – se e come concretizzata non è dato sapere – sia collegata con l’immagine di quella donna potente che ha Dio in braccio e i fedeli ai piedi. Pari in grandezza alla domina ludi delle antiche leggende, che lei dice d’avere vista una volta: misteriosa, lontana. Perduta. La Vergine è più vicina, infatti, come la sua maestra strega, si mette di mezzo tra lei e il diavolo. Ed è più reale, perché appartiene ai due mondi, quello della religione ufficiale e quello della stregheria; mondi non separati assolutamente per la Tessadrella. In un punto tuttavia contrastano: là è il piacere, la festa, il cibo abbondante, il sesso. La religione invece è ascetismo, digiuno. Ma per lei il piacere è sempre minato; gli altri si sollazzano, mangiano, fanno e disfano, ed è come se lei a tutto questo assistesse più che partecipare. Avviene fuori di lei, il suo desiderio è fuori di lei, come impedito a realizzarsi sia pure fantasticamente. La festa è turbata da una scena che lei sembra essere l’unica a notare: una donna brutalizzata in mezzo a gente indifferente e consenziente. Lei sola a guardare atterrita, disperata.
Nel sabba dove aveva cercato il trionfo, torna a schiacciarla la realtà. Ogni tentativo di evasione o compensazione ne è insediato: la carne la nausea e le mette una sete che non può soddisfare, i rapporti sessuali la lasciano malata, il demonio assume i tratti della comune brutalità maschile, e bisogna sempre “fare suo senno”.
Aveva seguito la spensierata combriccola incontrata sui prati, che le prometteva grandi cose e allegre compagnie (…).
La ricerca del piacere fallisce (…). Tutte le figure femminili che lei descrive si caratterizzano e si differenziano per la diversa posizione rispetto al potere: la Domina, la Vergine Maria, la maestra, la femina inginocchiata e la femina strassinata. Si era allontanata dalla religione e dalla morale dominanti attirata dalla promessa di piaceri che erano stati così scarsi nella sua vita e incerti (…). Desiderio impossibile, la sua intelligenza glielo dice.”
Nella sua deposizione afferma infine “non senza ragione, di aver cavato l’anima dalle mani del diavolo.
Forse nelle mani del dio sconfitto lei l’anima non l’aveva mai messa.

Il 15 marzo 1505, tuttavia, la Tessadrella, insieme ad altre quattro donne, viene condotta al colle, doss’ de Ritzol, e bruciata viva.
Davanti a loro, la grande folla riunita a guardarle.

Una donna forte, consapevole e lucida, la Tessadrella. Più forte del diavolo, si potrebbe dire, giacché lei il diavolo non l’ha mai veramente ingannata. La sua anima non l’ha mai presa. La Tessadrella l’ha tenuta per sé, tutta per sé.

***

Ricordo oggi e sempre questa donna che mi è profondamente cara.
Una sorella dei tempi passati, in parte dimenticati, eppure mai perduti.

***

Le citazioni sono tratte da Luisa Muraro, La Signora del gioco, La Tartaruga Edizioni, Milano, 2006, pagg. 116-117.

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