lunedì 2 settembre 2024

Le streghe animali e la loro discendenza

“Oh! Bello è quassù l’antico paese delle streghe! Ecco i pianori, ov’elle danzavano in cerchio coi cornuti stregoni; ecco le caverne profonde, ove in misteriosi conciliaboli preparavano gli incanti ed i malefizi.
Venivano da tutte le parti, portate sull’ali del diavolo; erano esse stimatissime donnette che sei dì della settimana andavano a messa e poi il sabato a cavallo d’una scopa trottavano sul Cistella per la tregenda. Oh! Che strani fantasmi nudi al chiaro lunare! Scendevano fino a terra i lunghi capelli; gli occhi lucevano d’un magico bagliore; un’ebbiza gioia scintillava sui bruni volti e come serpi guizzavano l’agili membra, ballando il minuetto. A mezzanotte facevano bollire la grande pentola; dentro era una broda spessa nella quale poi, al suono di magiche parole, gettavano i peli delle barbe de’ loro mariti; guai se questi vagavano allora lontani dal talamo! Sotto forma o d’una civetta o d’una nera gatta o d’altra bestia li inseguivano, tormentandoli con strane grida, e quei poveri uomini, spaventati, ritornavano tosto a casa recitando paternostri e facendosi gran segni di croce.
Ma l’antico astuto Thoma di Cassinvecchie alfine se ne stancò; egli accese un gran forno, si sedette lì da lato e lesse in un libro misteriose parole; allora tutte le streghe furono costrette da una magica potenza ad andarsi a bruciare nel forno. Oh! Che lunga schiera n vide egli venire! E quante donne sparirono allora da Baceno e da Croveo! Anche sua moglie era fra esse e passando in forma di biscia per farsi riconoscere e ottener forse misericordia, lo percosse colla coda.
Egli pieno di gioia attizzò allora vieppiù il fuoco e così ebbe fine l’antica schiatta delle streghe. Credono però molti che le nostre buone donne, benché non si mutino più in serpi o in civette, abbiano tuttavia nelle vene assai di quel sangue.”

La leggenda dal titolo I mariti delle streghe è narrata da Giuseppe Venanzio Barbetta in Il Popolo dell’Ossola, 31 dicembre 1909, pubblicata in Us Sent – Racconti intorno al fuoco, supplemento a Eco Risveglio Ossolano n°27, 9 maggio 2000, e contenuta in Paolo Crosa Lenz, Leggende delle Alpi. Il mondo fantastico in Val d’Ossola, Edizioni Grossi – Domodossola, 2012, pagg. 184-185.

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Montoni, gatti, volpi, cani, e poi civette, bisce o serpi e ogni sorta di altre bestie, sono numerose le streghe della nostra tradizione ad avere la capacità di tramutarsi in animale, e di tornare donna alle prime luci dell’alba, o a proprio piacimento.
Il mondo degli uomini, pauroso, superstizioso e spesso spietato, non è in grado di rapportarsi con loro, né loro con gli uomini, non del tutto almeno. La loro fine è sempre segnata – nel fuoco, nella morte, nella scomparsa.
Ma è vero, è certamente vero, che per quanto molte di noi – sì, noi – non si mutino più – o almeno così dicono – in serpi o in civette, o in gatti, volpi, cani, montoni, o altre bestie d’ogni sorta, qualcosa delle nostre antenate ci è rimasto.
Abbiamo ancora nelle nostre vene assai di quel sangue.
E continueremo ad averlo, a trasmetterlo e a rendere onore alla nostra natura indomabile e selvatica, libera.

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